La chirurgia laparoscopica mininvasiva sta facendo passi da gigante ed è sempre più utilizzata per intervenire in caso di ernie. In particolare, la cosiddetta TEP (tecnica totalmente extraperitoneale) risulta molto efficace nei confronti dell’ernia inguinale, una delle tipologie più diffuse. Nella TEP gli strumenti laparoscopici sono inseriti un uno spazio fra i muscoli della parete addominale e il peritoneo. Sono eseguiti tre piccoli fori di accesso (uno di un cm e due di cinque mm) che consentono di ridurre il sacco erniario e andare a inserire nello spazio creatosi una protesi sottoforma di rete in materiale plastico, in genere polipropilene, non riassorbibile, così da rinforzare la parete addominale. E’ una tecnica adatta sia a ernie bilaterali che a recidive monolaterali, quando non ci sono controindicazioni a un intervento chirurgico in anestesia generale. La TEP dura circa mezz’ora (per lato, qualora fosse bilaterale) e può essere associata a patologie concomitanti quale idrocele e varicocele oppure a patologie intraperitoneali (colecistite, appendicite). La tecnica di riparazione delle ernie con materiale protesico ha permesso di ridurre i tempi e lo stimolo doloroso dopo l’intervento, oltre che la percentuale di recidive erniarie a distanza di anni. Il percorso di uscita dell’ernia viene chiuso senza stirare i tessuti del paziente, cosa che diminuisce il dolore in termini di durata e costanza. Con questa tecnica laparoscopica, eseguita di norma in day surgery, il recupero è molto rapido ed esteticamente valido, dato che le cicatrici risulteranno pressoché invisibili a distanza di qualche mese. Sono necessari meno farmaci antidolorifici rispetto agli interventi tradizionali e il paziente è subito in grado di alimentarsi e curare la propria igiene in totale autonomia. La ripresa di un’attività fisica moderata è consigliata appena possibile perché da un lato tende ad attenuare la sensazione dolorosa e dall’altro facilita l’adattamento reciproco tra protesi e tessuti. Per un’attività più intensa è invece meglio attendere due/quattro settimane e se si pratica sport a livello agonistico è opportuno consultare un medico specializzato in medicina sportiva. Si consiglia, infine, di non esagerare con il cibo nei primi giorni successivi all’intervento, di bere molta acqua e privilegiare frutta e verdura. In alcuni casi blandi lassativi possono rendere più agevole l’evacuazione, senza sforzare troppo i muscoli addominali.
Tumori del colon-retto: l’approccio laparoscopico
Il cancro del colon rappresenta la seconda causa per mortalità tumorale nell’uomo e il terzo nella donna. È più frequente in nord-America, Europa occidentale e Nuova Zelanda. In Italia si osservano 40 nuovi casi ogni 100.000 abitanti, di cui la maggior incidenza si colloca tra la quinta e la settima decade. Il cancro del colon colpisce indifferentemente entrambi i sessi; in particolare il cancro del retto ha un rapporto di incidenza maschi:femmine di circa 2:1. Negli ultimi decenni abbiamo assistito a un progressivo aumento dell’insorgenza di cancro del retto; tuttavia, grazie alla diagnosi precoce attraverso lo screening del sangue occulto fecale, all’esecuzione sempre più frequente di colonscopie diagnostiche/operative e all’evoluzione delle terapie chirurgiche/mediche, la sopravvivenza a 5 anni è notevolmente aumentata. Le sedi maggiormente colpite sono il retto (39%) e il sigma (25%), senza però risparmiare alcun distretto colo-rettale. Anche per questo tipo di patologie è possibile applicare le tecniche laparoscopiche per esecuzione di resezioni coliche destre, sinistre, resezioni anteriori di retto per neoplasie, confezionamento di stomie. Le tecniche laparoscopiche minivasive rappresentano l’evoluzione della chirurgia tradizionale conseguente all’applicazione di nuove tecnologie video-ottiche miniaturizzate in ambito medico: la miniaturizzazione dei sistemi video, le tecniche 3D ed HD, l’utilizzo di elettrobisturi sempre più efficaci e performanti, l’evoluzione di sistemi di sutura intracorporei sempre più affidabili consentono oggi di effettuare resezioni intestinali radicali con asportazione delle stazioni linfonodali tributarie, ottenendo un risultato simile a quello ottenuto mediante chirurgia tradizionale, ma risparmiando al paziente il traumatismo di una grossa laparotomia che lo accompagni per tutta la vita. L’approccio laparoscopico viene eseguito attraverso piccole incisioni cutanee che riducono di molto il dolore postoperatorio e consentono una più rapida mobilizzazione e ritorno alle normali attività quotidiane. La ridotta sintomatologia si traduce in un minor consumo di farmaci antidolorifici, precoce mobilizzazione dal letto e, come detto, più veloce ripresa di tutte le attività. In linea di massima, tutte le neoplasie possono essere trattate con tecnica mininvasiva. Il limite è rappresentato dalle dimensioni del tumore che, se troppo grande, può infiltrare strutture adiacenti, rendendo necessaria l’esecuzione di una laparotomia. Un altro limite dell’approccio laparoscopico può essere rappresentato dalla presenza di aderenze esiti di precedenti interventi chirurgici. In presenza di quadri simili, spesso si rende necessaria l’esecuzione di un approccio laparotomico. Sebbene ci sia un maggior utilizzo di tecnologia e quindi di costi di materiali utilizzati rispetto a un approccio tradizionale, la riduzione della degenza, il ridotto consumo di farmaci si traduce in una riduzione dei costi ospedalieri, argomento oggi molto sentito da tutte le amministrazioni delle aziende ospedaliere. Inoltre, la tecnica laparoscopica consente una miglior visualizzazione delle strutture anatomiche, dei vasi, dei nervi con miglior controllo dei sanguinamenti e maggior numero di interventi nerve sparing, con miglior funzionalità residua del paziente trattato. L’intervento laparoscopico viene proposto per i pazienti di tutte le età. Ovviamente vengono valutate preventivamente le condizioni di ciascun paziente, che possono presentare controindicazioni all’esecuzione di anestesie generali protratte in posizioni particolari prolungate. L’intervento laparoscopico prevede l’insufflazione di CO2 a livello intraperitoneale; talvolta in alcuni pazienti affetti da bronchite cronica, con problemi respiratori importanti, la distensione addominale causata dal gas può rappresentare un problema importante e controindicante l’approccio laparoscopico. L’intervento eseguito per via laparoscopica o per via laparotomica è esattamente lo stesso. Per cui le possibilità di recidiva non variano a seconda della tecnica utilizzata. Take home message: quando è possibile effettuare un intervento con tecnica mininvasiva laparoscopica è sempre preferibile rispetto all’approccio tradizionale laparotomico.